L'enigma del motore spaziale di Wilko

Wilko è un extraterrestre piuttosto speciale, che ci ha accompagnato durante molte visite alle scuole, partendo da una prima elementare nel lontano 1984.

Dalle invenzioni di molti bambini, che ora non sono più bambini, è nato un nostro libro che è stato pubblicato da diversi editori stranieri e, in Italia, da Einaudi con il titolo “Benvenuto Wilko!” Come capita a volte a chi scrive, finito il libro, il personaggio ha continuato a vivere per conto suo e a presentarsi alla memoria anche di sua iniziativa.

Qui sono riportati due pezzi che lo riguardano, tratti da un racconto quasi vero e quasi autobiografico intitolato ‚ “Specchio”, rivolto non solo ai bambini e rimasto in un cassetto per molto tempo. Adesso che c’è internet è diventato facile renderlo di pubblico dominio.

Chi abbia solo curiosità scientifica e non gradisca le precedenti divagazioni letterarie, può andare direttamente a: ‚ “La spiegazione”. Il gioco proposto all’improbabile lettore è contenuto in queste domande: in che cosa sbaglia Wilko? Perchè il suo motore spaziale non è stato ancora inventato da qualche specialista del settore?

Pubblicheremo volentieri in questa sezione del nostro sito le risposte più interessanti.

 Specchio di una cabina

Lo specchio della cabina, nel quale mi vedo mentre mi preparo per il sonno, vibra per la vicinanza dell'elica, e perciò riflette l'immagine di un volto dai contorni incerti.
Nella notte, il fremito continuo del motore, gli scricchiolii, il lento beccheggio nel mare tranquillo, il sibilo dell'aria condizionata, costituiscono un bozzolo di sensazioni alle quali mi sono abituato, che mi cullano tutte insieme mentre sto sdraiato nella cuccetta.

Occhi chiusi, mente vuota, contare col pensiero fino a nove inspirando profondamente, di nuovo fino a nove trattenendo il respiro, fino a nove lasciando che l'aria esca lentamente dai polmoni, ancora fino a nove prima di inspirare di nuovo.
Proprio come sta scritto nel libro che racconta tutto sulla respirazione pranayama, scelto la mattina fra quelli che mi sono portato come letture da vacanza.

Un momento prima c'era solo il grigiore delle palpebre abbassate; un momento dopo prendono forma immagini nitide come quelle della vita quotidiana, senza le sfocature del sogno o del ricordo.
 Piccolo, coperto di pelo azzurro e con delle lunghe orecchie, palleggiando in scioltezza come avviandosi ad una partita di basket, l'alieno entra nella grande stanza, che ha l'aspetto di una scatola metallica senza alcun ornamento.
Lo riconosco: è Wilko!
Mi guarda, mi sorride, come fanno a volte gli attori rivolti verso il pubblico.
Poi lancia diverse volte la palla contro la parete di fondo, afferrandola
abilmente al volo quando rimbalza.
Mi guarda di nuovo, mi strizza un occhio, agita le orecchie in modo espressivo. Poi la visione scompare.
Ma proprio il suo ultimo sguardo mi trasmette, come in una comunicazione telepatica, il senso di quello che ho appena visto: l'alieno mi ha spiegato, con i suoi gesti, il segreto della navigazione intersiderale.

Come è facile! Basta saperlo!
Voglio accendere la luce, scriverlo su un foglio di carta, fare uno schema in modo da essere sicuro di ricordare, ma, nella cuccetta di sotto, sento il respiro di Cristina che dorme e non voglio svegliarla.
Poi la stanchezza vince l'eccitazione e mi addormento con la paura di non ricordare niente il giorno dopo.

Il giorno dopo, il bagno che utilizziamo in comune con gli abitanti della cabina a fianco, è invaso da sordidi liquami rigurgitati dal sistema idraulico sfiancato dai troppi anni di servizio. Non sono cose che mettano di buon umore al mattino o che favoriscano la meditazione e neppure il pensiero astratto.

Saliti sul ponte l'aria è fresca, e i gabbiani continuano a seguire la nave in volo planato, aspettando che i cuochi gettino a mare i resti della cucina.
Li guardiamo insieme, Cristina e io, e ci rimettono di buon umore.
Notiamo vicino, una coppia che ci sembra anziana: due nordici allegri, tranquilli, forse ancora innamorati e curiosi di dove li porterà la nave, che guardano i gabbiani come noi. Per ora siamo giovani, ma, in seguito, vorremmo essere come loro.

Ricordo perfettamente quello che è successo la notte prima.
Provo, qualche verifica con carta e matita, bevendo anice e ghiaccio nel bar coperto del ponte superiore: pare tutto giusto, tutto regolare, nessuna contraddizione. Solo difficile da verificare in pratica, specialmente su di una vecchia nave traghetto diretta a Smirne.
E' divertente rifletterci su, perchè si tratta di un'idea semplice come la ruota o l'altalena.
Una volta entrato in possesso del segreto che rende facile e alla portata di qualunque stato organizzato la costruzione di navi spaziali, che cosa devo farne?
Navi grandi come transatlantici, da costruire più o meno con la tecnologia dei sommergibili e pronte a cominciare la navigazione di linea entro pochi anni. Non quei fuochi d'artificio usati fino ad ora, enormi come balene alla partenza e con un carico piccolo come una nocciolina quando arrivano in orbita.

Il pensiero egoista corre a immaginare i vantaggi personali della scoperta: i titoli sui giornali, la fama e così via.
Mi specchio nella immagini del successo secondo i modelli delle riviste rotocalco. Anzi, meglio ancora, perchè quello che ha detto l'extraterrestre può interessare a persone che mi farebbe piacere conoscere.
Ne parlo con Cristina. La incuriosisce il ritorno di WIlko nel sogno, perchè lo ha disegnato tante volte alla lavagna seguendo le indicazioni dei bambini. La parte tecnologica non le interessa. Abbiamo cominciato da poco a vivere insieme e dobbiamo ancora scoprire il mondo. Ci ho ripensato e mi è venuto il dubbio, sempre più insistente, che ci potesse essere da qualche parte qualcuno capace di usare un’ idea come quella per realizzare delle armi. Già allora dubitavo dei vantaggi assicurati dal progresso tecnico.

Meglio non dire niente?
Un dovere non dire niente?
Non ho detto niente.

La vita ha un sapore speciale quando si crede di sapere qualcosa così importante e, allo stesso tempo, così pericoloso per tutti.
In particolare se, alla convinzione di conoscere qualcosa di perfettamente vero si associa qualche ragionevole dubbio. Anche se decidessi di dirlo in giro, si potrebbe realmente dare applicazione pratica all'idea? Poi, chi prenderebbe sul serio un racconto di questo tipo?

Tacere è stato anche come conservare il biglietto della lotteria comprato per caso alla stazione mentre il treno sta per partire, senza voler poi leggere sul giornale i numeri estratti, per non barattare un’ aspettativa illimitata con una minuscola porzione di realtà.
Ho vissuto con questo insolito segreto dal valore incerto, a volte dimenticandolo quasi, altre avendolo presente e vicino come un oggetto fisico, specialmente d'estate quando il cielo stellato mi riporta a quello visto dal ponte della nave. E ogni volta, guardando quelle stelle che potrebbero diventare molto più vicine, è tornato il dubbio se non fosse più giusto saltare il fosso e fare sapere a tutti quello che so solo io.

  SCRITTO VENT’ANNI DOPO


Nota autobiografica su ricerca scientifica e navigazione siderale


Dopo averci pensato a lungo, ho cambiato idea a proposito della navigazione siderale, e preferisco fornire a tutti le stesse indicazioni che ho ricevuto senza merito particolare.
Mi sono deciso dopo aver letto certe considerazioni relative alle orbite degli asteroidi ed alle possibili pericolose intersecazioni con quella terrestre.

Mi rendo conto che non si tratta di argomenti facili nè da raccontare nè da accettare.
Quando ho provato a spiegare al mio migliore amico in che cosa consisteva il messaggio dell'alieno, mi ha risposto con la franchezza per la quale lo amo, che lui non credeva alle scoperte scientifiche dei dilettanti.
Questo non mi ha scoraggiato, dal momento che ho una lunga tradizione famigliare nel campo della ricerca eretica, cioè quella poco riconosciuta dal pubblico malgrado la sua profondità e la sua importanza.

Precedenti familiari

Da bambino, durante la visita del Giorno dei Morti, venivo sempre condotto ad onorare la memoria di Nicolò, il pro-pro-prozio, chiamato in famiglia "Celebre Inventore" per antonomasia.
La sua tomba, fra le più piccole del Cimitero Monumentale, tuttavia era ornata da una figura femminile scolpita con aspirazioni canoviane che, paludata in un peplo simile ad un lenzuolo bagnato appoggiato sul corpo nudo, era atteggiata come se giungesse a volo, portandogli in mano una corona di alloro.
Il Celebre Inventore sorrideva benevolo e modesto da un bassorilievo, mostrando un profilo riprodotto dall'imprevedibilità dei ricorsi genetici nei tratti di alcuni discendenti che frequentavo abitualmente, in un rapporto conturbante fra la pietra corrosa dal tempo e la carne viva delle persone conosciute.
L'epigrafe, a conferma della sua genialità, era stata scritta da lui medesimo, in quanto giustamente convinto di essere il miglior conoscitore dei propri meriti.
Meriti i quali venivano annualmente rievocati in famiglia, per tenerli vivi almeno attraverso la tradizione orale, ma che sono andati sfumandosi nel mio ricordo con il passare degli anni: ora potrei solo affermare che l'anemometro era la sua invenzione più bella, ma non saprei specificare se riguardasse lo spirare dei venti e le correnti aeree, oppure il fluire nel corpo degli spiriti vitali.
Ho invece chiara memoria del sospetto che, in quella tomba, non riposasse in compagnia della moglie, di carattere autoritario e poco incline ad apprezzare le sue scoperte, ma della prosperosa colf saracena, insieme alla quale pare avesse trascorso la parte conclusiva della sua vita in una continua orgia di singolari scoperte e di senile sensualità.
Tornando a casa per una strada che ci portava ad attraversare la parte vecchia della città, i miei cercavano sempre di farmi vedere la torretta di un'antica casa, dalla quale il Celebre Inventore era solito compiere le sue osservazioni della volta celeste, ma non ci riuscivano mai, vuoi perchè non ricordavano loro stessi la sua posizione, vuoi perchè il fabbricato era stato ormai demolito e rimpiazzato da uno nuovo.

La passione per la Scienza e il coraggio di osare in campi inesplorati, si sono presentati varie altre volte in famiglia.
Un caro prozio, che da bambino chiamavo Zio Pipa per le nubi di fumo aromatico delle quali sapeva circondarsi fumando, ha fatto delle importanti scoperte nel campo della trasmissione radio, e persone degne di fede mi hanno assicurato che era stato preceduto sul traguardo da Marconi solo per un colpo di fortuna.
Ma la sua scoperta che ammiro di più, riguarda quelle colonne di moscerini che si formano e turbinano senza alcun motivo apparente nei luoghi umidi, specialmente quando c'è aria di pioggia. Ebbene, Zio Pipa, intrigato da questo loro turbinare, cominciò ad inseguirli per il giardino della villa, sotto l'ombra dei grandi platani e lungo le rive del torrente, senza curarsi di cosa potesse pensare chi lo vedeva muoversi ora quasi di corsa, ora con lentezza e cautela, andando dietro a qualcosa che, da lontano, pareva il nulla.
Alla fine riuscì ad ottenere un risultato positivo, prima di passare ad altre ricerche: le stupide bestiole, insensibili ad ogni altro tentativo di comunicazione, si disperdevano però fuggendo disordinatamente se ci si avvicinava loro suonando energicamente uno zufolo accordato sul do della chiave di basso.

Tutto questo senza parlare delle innumerevoli e straordinarie invenzioni artistiche, filosofiche e meccaniche di mio padre Antonio.


Colloqui notturni

Con precedenti familiari come quelli appena descritti, è naturale che, quando Wilko, l'extraterrestre entrato nella mia meditazione notturna mi ha trasmesso delle indicazioni utili a realizzare la navigazione siderale, mi sia subito interessato alle sue idee e abbia cercato di approfondirne la comprensione.

Cominciamo a riprendere il racconto dove si è interrotto: mentre continuava il viaggio per mare e si avvicinavano le coste della Turchia, i successivi incontri notturni con lo straniero dalle lunghe orecchie sono stati di altra natura rispetto a quello iniziale, di cui ho già riferito.
Non era più il suo presentarsi spontaneo, imprevedibile, ma piuttosto la ricostruzione di un ricordo, al quale mi sforzavo di dare vita nei momenti che precedevano il sonno.
Si tratta di una tecnica difficile, da pilotare con mano leggera: se si tira troppo viene a galla l'invenzione volontaria, se si lascia troppo andare si sprofonda nel sogno.
Ad ogni modo riporto i risultati ottenuti, anche se non sono stati del tutto soddisfacenti, cercando di esporli nei limiti di quello che ho capito, senza prenderne troppo la responsabilità.
Anzi posso dire di essere curioso che qualcuno trovi, se c'è, il motivo per il quale la faccenda non può funzionare. Dato che, per ora, questo motivo non l'ho trovato, devo esporre tutto seriamente, come fosse pura verità.
Prego i lettori, specialmente gli specialisti, di essere comprensivi e di tener presente che il mio lavoro quotidiano non è scrivere trattati di fisica, ma inventare libri e disegni animati per bambini.


La spiegazione
 
Sul motore a razzo, quando gli ho chiesto che cosa ne pensava è stato esplicito:
- Pesa! La massa pesa molto, quando la si vuole portare lontano da un pianeta. Perchè buttarla via se si può usare di nuovo?
Un'altra notte, la sua immagine mentale mi ha detto:
- Buffe! Le buffe equazioni alle quali pensi, vanno interpretate in senso relativo. Però, attenzione! Solo un essere stupido come un botropek farebbe degli esperimenti continuando ad accelerare dei prototipi fino a massa infinita vicino alla sua casa! Di buchi neri, ce ne sono già fin troppi!
Dicendo così sbatteva le palpebre di tutti e due gli occhi, e sembrava che cercasse di mettere in guardia contro un pericolo reale.
- Utile tuttavia! Può essere utile mandare una piccola nave veloce a dare una spinta decisa ad asteroidi e comete che si avvicinano troppo!

- Giocare a palla! - esclamò l'extraterrestre durante il nostro ultimo incontro.- La cosa migliore per spingere un'astronave è giocare a palla. Lanciare la palla contro una parete che si trovi in direzione opposta a quella in cui si vuole andare, e riprenderla al volo quando rimbalza indietro!
- Come mai?
- Vettoriale! - rispose. - Con un calcolo vettoriale molto semplice si capisce che la spinta trasferita attraverso i piedi all'astronave è pari alla massa della palla, per la velocità con cui viene lanciata. Poi bisogna sottrarre la spinta ceduta alla parete nel momento del rimbalzo, ma quando la riprendi al volo, va ancora veloce. Afferri con la mano questa utile differenza e ottieni la spinta che serve per viaggiare! Buone scarpe magnetiche ci vogliono per collegare piedi e pavimento!
- Ma non funziona meglio un razzo?
- Si! Si certo che rende di più, perchè non si perde nessuna spinta nel rimbalzo. Però a me resta il pallone, che mi serve se ho voglia di continuare a giocare. “molto meglio che buttarlo nello spazio! Piccola, sai! Una astronave è sempre troppo piccola!” più facile portarsi dietro tanta energia che tanta massa!
- Quando ti stanchi come fai?
- Beh,- rispose come se fosse stupito della mia domanda ingenua,- metto in moto una macchina che gioca a pallone al posto mio!
- Si può andare veloci in questo modo?
- Moltissimo! - concluse sorridendo, - Perchè più si gioca a palla e più si accelera. Proprio per questo non bisogna esagerare!
- Mi sembra troppo semplice! Sei sicuro che funzioni davvero?
- Un modello! Se uno non crede, può preparare un modello!
- Che tipo di modello?
- Uno specchio! Si mette al centro di una scatola chiusa una piccola sorgente di intensa luminosità che manda i suoi raggi contro le pareti, una fatta di specchio, e tutte le altre dipinte di nero: questo è un modello del motore a palla-rimbalzante. Tanti piccolissimi pezzi di luce corrono veloci e, sullo specchio, rimbalzano indietro come elastiche palline risplendenti; sulle pareti nere, invece, si spengono intrappolati scaricando la loro spinta leggera. Fornisci energia e ottieni uno squilibrio di spinte. Basta uno specchio, di quelli che ti piacciono tanto e che voi umani usate così volentieri per spiare la vostra apparenza!

 Dicendo queste parole enigmatiche, e dimostrando così di conoscermi più a fondo di quanto avessi immaginato, l'extraterrestre dalle lunghe orecchie mi ha salutato.
Da allora non è più venuto a farmi visita, malgrado continui ad aspettarlo da molto tempo e sia ancora oggi pronto ad accoglierlo a braccia aperte in qualsiasi momento voglia ritornare.
Ma forse qualche lettore, o la sua mamma, il suo papà o una sua zia o un nonno riuscirà a capire fino in fondo quello che lui voleva dire. E allora si potranno costruire, sulla base dei suoi consigli, grandi, veloci astronavi capaci di navigare attraverso le vuote immensità dell'universo e di portare gli uomini fino a splendidi pianeti lontani.

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