La mia autobiografia
Sono nata in Italia, a Castello d’Annone, vicino ad Asti, nella fornace del nonno.
Fin da piccolissima amavo giocare con la creta e con i mattoni crudi, che mi servivano per fare delle costruzioni di tante forme diverse.
C’era un maialino chiamato Rilli e riuscivo a comunicare con lui facendo dei piccoli grugniti.
Avevo delle forbicine e ci ritagliavo nella carta delle file di bamboline che si tenevano per mano, e gli adulti si stupivano per la mia abilità manuale.
Mi impadronivo dei registri del nonno su cui erano riportati vecchi conti resi inutili dal passare del tempo e ci disegnavo tutti gli animali da cortile che vedevo intorno a me.
Quando ho avuto cinque anni, sono partita per l’Argentina insieme ai miei genitori per raggiungere uno zio scultore che aveva dovuto abbandonare l’Italia anni prima perché aveva avuto il coraggio di esporsi ed era stato perseguitato dai fascisti.
La mia vita, a Buenos Aires, cambiò completamente:dalla campagna ero passata ad una grande metropoli che mi colpiva per la sua dimensione e di cui avrei apprezzato in seguito la vivacità culturale.
Sui quotidiani di Buenos Aires i fumetti avevano uno spazio importante. Quando ci vivevo da ragazzina, c’erano anche Héctor Oesterheld che scriveva la storia di Ernie Pike, Hugo Pratt che la disegnava e poi Mordillo, Quino, Oski...
Il mio papà aveva costruito per me una rudimentale macchina per proiettare immagini e io disegnavo su carta trasparente delle storie a fumetti e poi organizzavo degli spettacoli con i miei amici...
Avrei tanto voluto seguire una scuola per diventare fumettista. Ma, al momento della scelta, è prevalsa la mia antica passione per le costruzioni, e mi sono iscritta ad architettura.
Ho studiato per quattro anni a Buenos Aires, e intanto insegnavo come supplente ai bambini delle elementari.
Tornando in Italia, mi sono fermata a Barcellona per vedere le costruzioni di Gaudì e mi sono innamorata del parco Güell, anche per i collages di piastrelle rotte e per gli archi sbilenchi di mattoni.
Ho finito gli studi di architettura a Torino, dove ho incontrato uno strano gruppo di studenti.
In particolare, ce n’era uno che studiava filosofia, indossava un vecchio loden nero e portava un cappello alla lobbia che in cima aveva un buco, come quello che avrebbe potuto fare un proiettile.
Si chiamava Francesco.
Ci siamo scambiati dei disegni a fumetti e anche qualche bacino.
In quel periodo siamo stati alla Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna e il destino ha deciso per noi, sotto forma di un editore che ci ha accolto nel suo stand e ci ha proposto di fare un libro.
Avevamo voglia di stare insieme facendo la stessa attività. Disegnare ci piaceva. Ci piaceva avere un pubblico di bambini.
Abbiamo cominciato a lavorare e, da allora, abbiamo continuato per tanti anni.
Abbiamo scritto e illustrato più di 180 volumi, nostri lavori sono stati tradotti in una ventina di paesi, sempre inseguendo un sogno: quello di proporre un sogno, ma anche dei modi di pensare e capire la vita e il mondo in modo libero.
Dopo sono venuti i CD-rom, che ci hanno colpiti come prima proposta di vera interattività rivolta ai bambini.
Poi, in età matura, è arrivata la nuova passione per l’animazione e abbiamo realizzato, con diversi personaggi, 138 puntate in coproduzione con la Rai, andate in onda in molti paesi.
Attualmente è in corso una nuova avventura:
fare una lunga serie, prima coproduzione europea con CCTV, la televisione nazionale cinese, con la partecipazione della RAI e del produttore indipendente cinese Phenix.
Tutto questo è molto interessante ma anche impegnativo.
Una notte non riuscivo a dormire e cercavo qualcosa da fare. Ho preso in mano delle parti di computer rotti, scarti inutilizzabili prodotti nel corso del lavoro nel campo dell’animazione. Il loro aspetto mi ha affascinato e ho cominciato a metterli insieme formando personaggi lieti e assetati di vita dove prima c’erano solo pezzi sparsi giunti alla fine del loro uso.
Così ho scoperto un modo di lavorare ed una libertà diversa da quella che conoscevo facendo libri o disegni animati.
E’ proprio vero che l’insieme è qualcosa di diverso dalle parti che lo compongono. E che una nuova opera cresce in continuo dialogo fra quello che si immagina e quello che mano a mano prende forma.
Per chi guarda i personaggi fantastici che preparo di notte nella mia bottega, rimane aperta la scelta fra accogliere il sorridente messaggio che ognuno di essi vuole trasmettere o giocare a riconoscere i singoli elementi di cui e fatto.
Cristina Lastrego